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Aggiornato il 11 Luglio 2025 da Elisa

Come Posizionare le Casse Passive

Quando ci si accinge a collocare una coppia di casse passive, la prima consapevolezza da acquisire riguarda la natura stessa del suono che esse generano. Un diffusore acustico non proietta soltanto un fascio frontale di frequenze; irradia un campo sonoro tridimensionale che rimbalza sulle superfici della stanza, si carica di riflessioni e torna verso l’ascoltatore con un leggero ritardo temporale. Ogni parete, il pavimento, il soffitto, persino il mobilio, partecipano dunque all’interpretazione finale del segnale elettrico inviato dall’amplificatore. Se la stanza non è trattata acusticamente, il posizionamento diventa il principale strumento di controllo: spostare leggermente un diffusore verso il centro o allontanarlo dal muro posteriore muta i modi di risonanza alle basse frequenze e, di conseguenza, l’equilibrio timbrico percepito. Prima di toccare cavi e piedistalli conviene quindi fare un passo indietro, osservare la geometria del locale, riconoscerne i punti di simmetria, le eventuali nicchie, le superfici riflettenti e quelle assorbenti. Questa ricognizione visiva pone le basi per un ascolto che restituisca un palcoscenico credibile e non un miscuglio di vibrazioni casuali.

Indice

  • Definire il triangolo d’ascolto come riferimento geometrico
  • L’altezza del tweeter come linea di mira per le alte frequenze
  • Gestire la distanza dal muro posteriore per controllare le basse frequenze
  • Ottimizzare la simmetria laterale per una scena sonora equilibrata
  • Neutralizzare vibrazioni e accoppiamenti indesiderati
  • Valutare l’interazione con il resto dell’arredamento
  • Ascoltare, misurare e ritoccare nel tempo
  • Conclusioni
  • Articoli Simili

Definire il triangolo d’ascolto come riferimento geometrico

La relazione tra la distanza che separa i due diffusori e la distanza di ciascuno di essi dall’ascoltatore costituisce il pilastro di qualunque configurazione stereofonica. Chi siede in poltrona dovrebbe trovarsi al vertice di un triangolo isoscele, dove i lati corrispondono al tracciato che unisce le casse al punto d’ascolto e la base coincide con la linea che congiunge i centri acustici dei trasduttori. Quando la base è eccessivamente ampia rispetto ai lati, la scena sonora tende a spaccarsi, isolando le voci al centro e relegando strumenti e riverberi agli estremi. Viceversa, se i diffusori sono troppo vicini, l’immagine collassa in un fascio mono, perdendo profondità laterale. Il rapporto teorico uno a uno fra base e lati fornisce un punto di partenza; la regolazione finale richiede di ascoltare brani con voci soliste ben registrate e verificare se l’immagine si materializza in modo netto sul prolungamento del naso dell’ascoltatore, né più indietro né più avanti. Spostamenti di pochi centimetri possono far emergere un pianoforte fino ad allora sepolto o ricompattare la batteria che prima sembrava suonare in un’altra stanza.

L’altezza del tweeter come linea di mira per le alte frequenze

In un diffusore a due vie il tweeter gestisce la fascia più direzionale dello spettro. Se l’asse del domo è rivolto al di sopra o al di sotto delle orecchie, la risposta in frequenza percepita cambia sensibilmente, tanto da far apparire un suono cupo oppure aspro. Per questa ragione il diffusore da scaffale, nato per un’altezza di seduta domestica, trova spesso il suo equilibrio acustico su stand dedicati, non su librerie improvvisate. La struttura che lo sostiene deve collocare il centro del tweeter a livello delle orecchie, mantenendo rigidità torsionale e disaccoppiandolo dal pavimento. Il disaccoppiamento, ottenuto con punte metalliche a contatto ridotto o con gommini ad alta densità, evita che l’energia meccanica dei woofer si spanda nel pavimento, enfatizzando risonanze di bassa frequenza. Una volta centrato verticalmente il tweeter, si regola l’inclinazione di pochi gradi, un’operazione chiamata toe-in, con cui l’asse acustico viene leggermente convergente verso l’ascoltatore. Una convergenza eccessiva concentra il fuoco sonoro e stanca, troppo poca allarga la scena togliendo definizione. Anche qui l’orecchio guida: si ruotano lentamente i diffusori ascoltando come si solidifica la posizione della voce al centro.

Gestire la distanza dal muro posteriore per controllare le basse frequenze

Le frequenze gravi, essendo lunghe, correlano in modo molto stretto con le dimensioni del locale. Allontanando il diffusore dalla parete retrostante si riduce il rinforzo che il muro offre al woofer, evitando boati e code di risonanza. La distanza ideale va tarata a partire da mezzo metro, misurato dal retro della cassa alla parete, e variata in avanti o indietro a intervalli di cinque centimetri, ascoltando il decadimento di un contrabbasso o la cassa di un kick drum. Se la stanza è piccola e lo scostamento non può superare i trenta centimetri, l’adozione di trappole acustiche a banda larga o di bass-trap negli angoli compensa l’eccesso di energia, impedendo che le onde stazionarie sottraggano intelligibilità ai mediobassi. La scelta di materiali assorbenti deve però bilanciare il tempo di riverbero complessivo: trattenere troppo le basse frequenze asciuga il suono, togliendo naturalezza alle registrazioni dal vivo.

Ottimizzare la simmetria laterale per una scena sonora equilibrata

Il cervello umano elabora differenze di un millisecondo fra i due canali. Se il diffusore sinistro riflette la propria emissione su una parete vicinissima mentre quello destro si apre su un ambiente più ampio, l’immagine si sposta percettivamente verso il lato riflettente o si sposta in avanti. È quindi essenziale che i primi punti di riflessione – ovvero le porzioni di parete in cui il suono rimbalza una sola volta prima di raggiungere l’ascoltatore – si trovino alla stessa distanza per entrambi i diffusori. Un tappeto spesso e un quadro in tela telata possono sostituire pannelli piramidali più vistosi, a patto di collocarli in modo speculare. La simmetria non va intesa in senso estetico ma acustico: se una libreria è inevitabile su un lato, l’altro può ospitare una tenda pesante di pari superficie riflettente, così che l’assorbimento medio pareggi.

Neutralizzare vibrazioni e accoppiamenti indesiderati

Le casse da pavimento hanno masse elevate, ma la loro base non sempre presenta appoggi uniformi. Coni regolabili in metallo permettono di mettere in bolla il mobile, scaricando le vibrazioni in punti concentrati; se il pavimento è in parquet, piccoli dischetti di protezione impediscono che l’energia si trasmetta alla tavola, generando risonanze sgradevoli. I diffusori su stand richiedono la stessa parità di trattamento: zavorrare la colonna con sabbia asciutta incrementa la massa e riduce le micro oscillazioni che sfocano l’immagine stereo. Non va dimenticato il disaccoppiamento superiore, fra cassa e stand, realizzato con strisce di neoprene o spessori in sorbothane tagliati a misura: il risultato è un medio più preciso, perché la vibrazione inversa non risale nel cabinet rifasando la membrana.

Valutare l’interazione con il resto dell’arredamento

Il salotto non è uno studio di mastering, e nessuno desidera tappezzarlo di schiume grigie. Ciò non significa rinunciare all’acustica. Una libreria colma di libri di diversa profondità funziona come un diffusore di Schroeder naturale, sparpagliando le riflessioni di medio-alte in micro ritardi che ampliano la spazialità. Una tenda di velluto spesso, calata dietro la posizione d’ascolto, assorbe gli echi provenienti dalla parete di fondo, mentre un divano imbottito spezza la colonna d’aria che tenderebbe a rimbalzare fra fronte e retro stanza. Anche la scelta di oggetti decorativi può contribuire: un grande quadro con cornice farinata e vetro antiriflesso diffonde, anziché riflettere specularmente, un muro di gesso nudo. Con un po’ di creatività è possibile integrare l’assorbimento del primo millisecondo in complementi esteticamente gradevoli.

Ascoltare, misurare e ritoccare nel tempo

Dopo il posizionamento iniziale si trascorre qualche settimana a convivere con il suono prodotto. L’orecchio si abitua, ma rivela anche i limiti: un rimbombo basso che emerge solo su alcune tracce, un’acidità sulle sibilanti di certe voci femminili. A questo punto torna utile un microfono di misura collegato a un software gratuiti come REW: un paio di sweep rivelano grafici di risposta in frequenza e waterfall che guidano micro aggiustamenti. Spostare la poltrona di dieci centimetri all’indietro può colmare una null sopra i sessanta hertz; ruotare di cinque gradi un tweeter elimina una riflessione da una lampada vicina. Il processo iterativo tra ascolto soggettivo e analisi oggettiva consolida il posizionamento in modo scientifico ma senza togliere l’emozione del primo impatto musicale.

Conclusioni

Ogni cassa passiva è progettata in laboratorio per una risposta teorica in camera anecoica, ma trova la sua voce definitiva solo dentro la stanza che l’accoglie. Regolarne altezza, distanza, toe-in, rapporto con i muri, disaccoppiamento e contesto arredativo equivale ad accordare un pianoforte: un’arte di precisione che premia la pazienza con un suono tridimensionale, timbricamente corretto e musicalmente coinvolgente. Una volta raggiunto l’equilibrio, l’impianto scompare lasciando emergere la registrazione; a quel punto risulta chiaro che l’atto di ascolto non comincia premendo play, ma quando, con qualche movimento millimetrico, si è dato forma al silenzio che precede la musica.

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