La ramia (o raimè) è una fibra vegetale. Viene ricavata dal fusto di due specie di piante: la Boehmeria utilis (ramia verde) e Boehmeria nivea (ramia bianca). Entrambe le piante appartengono alla famiglia dell’Urticacea.
Generalmente la fibra della ramia è mescolata ad altri tipi di fibre (naturali o sintetiche) quali cotone, lana, seta, canapa, viscosa. Il pregio di questa unione è una maggiore resistenza e luminosità dei tessuti. L’uso principale che trova la ramia è nella fabbricazione di tovaglie, tovaglioli, fazzoletti, cravatte ,abiti estivi fino ad arrivare a cappelli di paglia e a reti da pesca.
Attualmente la produzione mondiale della ramia si concentra in Cina, Corea, Taiwan, Brasile e nelle Filippine. Questa fibra bianca, luminosa e sottile è usata in Cina ed in estremo oriente da migliaia di anni, tanto da aver preceduto l’utilizzo del cotone in tutto l’oriente.
Più recentemente (XX secolo) ha trovato diffusione anche in occidente, venendo però lavorata essenzialmente mista al cotone. La scarsa diffusione in occidente è legata all’alto costo di lavorazione, soprattutto concentrato nella difficile estrazione della filaccia.
La fibra tessile è morbida, flessibile, uniforme, lucente ed ha una resistenza alla torsione buona. E’anche molto lunga, 120 mm ed un diametro medio di 50 micron. Le fibre di ramia si possono distinguere cromaticamente in base al processo di lavorazione: quelle grezze hanno un colore verdastro o bianco grigio mentre quelle già disgrezzate bianco sericeo. Prima di ogni trattamento la ramia è composta per circa il 60% di cellulosa (la restante parte è un insieme di sostanze gommose e incrostanti); successivamente al trattamento di “sgommatura” la percentuale di cellulosa contenuta nella fibra può arrivare al 95%.
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